La bardana (Arctium Lappa L. – bardana maggiore) è una pianta erbacea a ciclo biennale dalle foglie di grandi dimensioni, inflorescenze corimbose di colore viola protette da brattee con apici a forma di uncino, frutti acheni bruno-rossicci. Appartenente alla famiglia delle Asteracee. Fiorisce da luglio a settembre e predilige le zone incolte, sentieri poco battuti, radure boschive e ambienti costruiti in rovina. Pianta originaria della zona temperata euroasiatica, si trova in Italia praticamente ovunque tranne che in Sicilia dalle zone pianeggianti fino ai 1800 m s.l.m.
![090904_075528[1]](https://arpadartis.com/wp-content/uploads/2016/08/090904_0755281.jpg?w=604&h=402)
Le infruttescenze spinose hanno probabilmente suggerito il nome del genere “arktos” che deriva dal greco e significa “orso”. L’epiteto specifico (Lappa) si riferisce alla loro capacità di restare attaccati al pelo degli animali o ai vestiti degli umani con i quali vengono a contatto (lappa è un termine latino che sembra derivare dal greco antico lèb-ein: afferrare) . E’ questo uno stratagemma che la pianta ha “inventato” per propagarsi assicurandosi che i suoi semi vengano, in questo modo, portati lontano.
La specie è commestibile e officinale con foglie amare e radici dolci e mucillagginose. Nel tempo, la ribelle bardana, ha conosciuto momenti di gloria -in modo particolare per le sue proprietà curative- e momenti in cui è stata disprezzata e considerata soltanto una pianta infestante, in modo particolare dagli estimatori del prato all’inglese!Da diversi anni, però, la sensibilità botanica verso le piante “minori” da molti considerate “erbacce”, è cambiata grazie anche ad una rivoluzione del pensiero paesaggistico, si pensi -un esempio per tutti- al Jardin en Mouvement di Gilles Clément. Così anche la bardana, umile ma orgogliosa pianta, è stata rivalutata, tanto che la scrittrice americana Janet Malcom ha trascorso ben tre estati a fotografarne le foglie.
Prendendo “a modello” i ritratti del famoso fotografo Richard Avedon che non nascondono -anzi evidenziano- i segni che il tempo lascia sui volti, Janet Malcom ha cercato le foglie più “scolpite” della bardana, quelle sbocconcellate dagli insetti, accartocciate a causa di qualche malattia, oppure bruciate dal sole o dal vento. Le ha fotografate come se fossero volti di persone, conferendo loro la qualifica di opere d’arte e di oggetti attraverso i quali esercitare anche il pensiero filosofico. Non a caso le immagini sono state riunite e pubblicate in un libro oltre ad essere esposte in mostra in una galleria d’arte di New York.

Molti anni prima che la Malcom guardasse alla bardana con occhio artistico, l’ingegnere svizzero George De Mestral, nel 1941, aveva osservato attentamente quelle “palline” vegetali che si erano attaccate tenacemente alla sua giacca ed al pelo del suo cane mentre passeggiava per la campagna. Nacque così l’idea di fabbricare il primo sistema di abbottonatura “hook and loop” (uncino e cappio) poi brevettato e noto come “velcro” dal nome della omonima industria che per prima lo mise in produzione.

![velcro[1]](https://arpadartis.com/wp-content/uploads/2016/08/velcro1.gif?w=480&h=381)
La bardana è una di quelle piante che riescono a vivere in ambienti e condizioni ostili e che non mollano facilmente, grazie alla loro incredibile vitalità e insospettabile -per alcuni- intelligenza. Di ciò è prova l’aver intuito che per vivere a lungo conviene abitare lontano dagli esseri umani. (tdb)