“Sono nato a Firenze nel 1917 in una casa /…/ un labirinto, formato di corridoi, di ambienti bui e di passo, di percorsi a gomito, di scale; sembrava, in piccolo, un pezzo di città medievale. Mia madre vi aveva installato una /…/modisteria e sartoria /…/ un continuo fare cappelli e vestiti, un continuo montare e smontare di nastri, piume, fiori finti, feltri e stoffe di ogni genere /…/ mio padre che era disegnatore meccanico alle ferrovie, nel tempo libero, lasciava da parte i disegni di treni e locomotive, per riparare macchine fotografiche, binocoli, meccanici d’ogni tipo; fabbricava anche fuochi d’artificio e palloni da mandare su in aria col fuoco sotto”. (Autobiografia, 1981)

In questo breve passo del racconto della propria vita è descritto il nucleo originario della ricchezza di curiosità ed interessi che caratterizza la figura dell’architetto -e artista- Leonardo Savioli, ottimo allievo del maestro Giovanni Michelucci, la cui ricerca intellettuale spazia fra lo studio della storia ed i movimenti e le tendenze dell’architettura del Novecento. In modo particolare “la storia”, per Savioli, è la molla necessaria per procedere verso il futuro, inteso non solo come futuro dell’architettura, ma dell’intera umanità: “Mi sembra di poter dire allora che quando viene a mancare la verifica della sollecitazione alle spalle, della storia cioè, viene anche a mancare la validità, l’autenticità, la realtà della sollecitazione in avanti. La Storia è, in un certo senso, uno sguardo verso il futuro”.

Le opere di Savioli sono fatte di storia, storia materiale ed intellettuale non semplicemente “citate” ma metabolizzate e rigenerate in forme originali e adeguate al proprio tempo. Ne è un esempio anche l’architettura del suo studio, oggetto in questi giorni di riscoperta, grazie alle manifestazioni per il centenario della nascita dell’architetto scomparso nel maggio del 1982.

Sul finire degli anni 60 del secolo scorso Savioli progetta e realizza l’edificio che ospiterà il proprio studio sulle colline di Firenze rivolte verso il maestoso complesso architettonico della Certosa del Galluzzo. Verso di essa l’architettura neoplastica dagli spazi fluidi e dettagliati mostra il suo prospetto più lungo, contenuto in altezza, più basso delle chiome degli alberi, adagiato e spinto in parte dentro la collina. La Certosa e la natura intorno reclamano giustamente attenzione ed è così che verso di esse l’edificio apre i suoi grandi occhi trasparenti, attraverso i quali, la luce di un magnifico paesaggio toscano piove e pioveva negli ambienti interni di lavoro… sui grandi tavoli per il disegno, sull’”organo dei colori”, sulle tele che oggi non sono più lì.

Di questi si sente la mancanza. Nello studio mancano i disegni, i modelli, i libri, gli oggetti negli armadi che sono tutt’uno con l’architettura e che con essa condividono il gusto per la progettazione del dettaglio di ogni particolare costruttivo. Ma con un po’ di concentrazione possiamo immaginare Savioli al lavoro con i colleghi e gli studenti, ascoltare le possibili discussioni sulle architetture in fase di progettazione o vedere la moglie Flora intenta nella costruzione dei suoi gioielli o mentre dispone un contenitore di vetro con oggetti colorati davanti alla finestra che guarda la Certosa.

Nel giardino intorno allo studio, la vasca per la raccolta dell’acqua che arriva dalla copertura della costruzione, la copertura stessa, la panca-basamento dell’edificio, gli alberi ed il resto della vegetazione, invitano a sedersi ed a sostare contemplando il paesaggio circostante, attratti dal profilo del Monte Acuto col monastero che ispirò, fra gli altri, anche Le Corbusier.
Più di seicento anni separano lo studio di Savioli dal monumentale complesso monastico ma, sedendo e mirando, ci accorgiamo di come tra i due edifici esista ancora un dialogo di sorprendente tranquillità nel quale lo studio di Savioli, nel suo rude e poetico vestito di cemento, sembra assorto in ascolto. (tdb)


(Studio Savioli. Costruzione: 1970. Via delle Romite, 12a. Firenze, Galluzzo. Lo studio di Leonardo Savioli è stato “dichiarato di interesse particolarmente importante” e sottoposto alle disposizioni di tutela, secondo il Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici, con Decreto n. 216/2006. L’edificio è stato donato nel 2008 dalla moglie Flora Wiechmann Savioli alla Regione Toscana).
Il programma delle iniziative per il centenario della nascita è consultabile al link:
http://www.architetturatoscana.it/wp-content/uploads/2017/09/SAV100progr-web.pdf

















Fotografie: Archivio Studio Dac.Lab Architetti Associati (Prato)
Le Immagini che seguono sono tratte dal documentario “Flora Weichmann Savioli racconta” (12-13 Settembre 2005. Fonte You Tube). Lo studio è visibile ancora con gli arredi, i tavoli e l’Organo dei Colori di Leonardo Savioli. Nel video Flora mostra anche alcune delle sue realizzazioni artistiche.







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